Con l’avvento del Rinascimento, la bellezza iniziò ad assumere un’impostazione più moderna e la figura minuta e spenta della donna medievale venne progressivamente sostituita da quella di una donna dalle forme più arrotondate e sinuose, con occhi scuri e carnagione più calda. La ripresa del commercio delle spezie esotiche favorì la ricomparsa dei profumi, molto utilizzati soprattutto per far fronte alle scarse condizioni
igieniche del tempo. Inoltre, a poco a poco, tornarono in voga alcune pratiche decorative.
Verso la fine del Quattrocento Caterina Sforza compose uno dei primi ricettari interamente dedicati alla cosmesi, formato da oltre 500 capitoli relativi ai più svariati prodotti e trattamenti: sbocciava, così, la letteratura dei “Segreti”, i manuali di bellezza scritti a mano e tramandati di madre in figlia presso le corti rinascimentali.
Gli ingredienti cosmetici, a quei tempi, avevano un carattere prevalentemente magico-simbolico e la scelta delle fonti naturali da cui estrarli era effettuata sulla base di concetti “signaturistici”, secondo cui la forma, il colore, la struttura o il comportamento di un animale o di una pianta ne avrebbero suggerito l’indicazione
terapeutica o l’attività cosmetica. Di qui la spiegazione sull’utilizzo indiscriminato di salamandre, pipistrelli, scorpioni, vipere, ma anche di teste di lepre, zampe di cane, mandibole di luccio... Così le radici rigogliose di alcune piante, dalle sembianze di una folta chioma, erano considerate efficaci rimedi contro la caduta dei
capelli, mentre il latte di capra, mescolato con il grasso di orso, era utilizzato per farli ricrescere,
o ancora la pelle di serpente, animale noto per le mute stagionali, era consigliata per aumentare il rinnovamento epidermico e mantenere la pelle fresca e giovane.
Nonostante la stravaganza di questi singolari ingredienti, non mancano esempi di prodotti
particolarmente attuali, che sono ancora presenti nelle moderne formulazioni, preparati anche grazie alla diffusione della tecnica della distillazione.