mercoledì 19 settembre 2012

L’utilità del tampone per smascherare la candida



candida vaginale e tampone
Candida di nome ma non di fatto: a dispetto del proprio appellativo, il fungo candida albicans è un vero tormento per gran parte delle donne, che almeno una volta nel corso della loro vita si trovano a doverla combattere. Solitamente asintomatico, in quanto in condizioni normali convive serenamente con l’organismo all’interno della parete intestinale, quando muta in patogeno questo fungo diventa infatti davvero insopportabile, come nel caso della sua manifestazione in forma di candida vaginale.

Nel momento in cui questo scomodo ospite fa notare la sua presenza, originata da un’alterazione nell’equilibrio della stessa flora batterica intestinale (e dunque in buona parte scongiurabile attraverso una corretta alimentazione ricca di fibre e povera di cibi “fermentanti”), la normale “sfera intima” femminile viene turbata da una gamma di effetti sgradevoli che vanno dal bisogno frequente di urinare alla presenza di dolori addominali, da prurito e bruciore a secrezioni vaginali biancastre o verdastre, talvolta maleodoranti.

Per stabilire tuttavia se si tratti davvero di candida vaginale o di un altro tipo di infezione di tipo batterico, è stata dimostrata l’efficacia del tampone vaginale. Questo semplice test consente infatti al medico ginecologo di “catturare” un piccolo campione di secrezione vaginale attraverso un delicato prelievo con un cotton fioc, esattamente come succede per il tampone vaginale al termine della gravidanza per scongiurare la presenza di streptococco.

Il tampone è tra i metodi più impiegati proprio nella ricerca diagnostica della candidosi vaginale, che oltre che da un metabolismo imperfetto degli zuccheri può essere causata anche da un abbassamento improvviso delle difese immunitarie, magari a seguito di una terapia a base di antibiotici. Questo importante esame diagnostico tenderà per prima cosa a verificare il livello del pH vaginale, che in condizioni di normalità ha un valore pari a 4, per poi procedere alla rilevazione di cellule e lattobacilli e di eventuali presenze fungine per stabilire la natura dell’agente patogeno alla base dell’infiammazione.

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